Vincoli
Un racconto scritto da Gabriele Favrin
(febbraio 2003)
Parte 3
[Brindisi, interno notte, camera di Antonio]
Accidenti che giornataccia, esclamò Antonio quando finalmente restò solo con se stesso, seduto sul letto. Lo zaino pronto per il giorno dopo, il PC spento. Erano le dieci e mezza. Quella sera avrebbe tanto voluto sentire Chiara, parlare con i suoi amici di chat e raccontare loro le incredibili esperienze che aveva vissuto: gli strani pensieri, quella fuga disperata nei campi, la paura... era stato un pomeriggio assurdo, terribile. Era ancora confuso e stordito! Però si era trovato a prendere decisioni, ad agire d'istinto. Lui contro tutto. Lui contro l'ignoto. Lui, non gli altri. Per una volta il protagonista era stato lui ed era riuscito a cavarsela. Come un uomo.
O almeno così era andata fino a quando non aveva varcato la soglia di casa. Poi quel condensato di emozioni, curiosità, stupore, paura, angoscia e coraggio era stato ridotto a poco più che una bambinata. Sei andato a giocare in campagna, vero? Guarda come ti sei ridotto! Inutile difendersi, tentare di raccontare di quegli uomini che gli davano la caccia... non poteva dimostrarlo e, lo sapeva anche lui, qualsiasi cosa avesse detto sarebbe sembrata una scusa, una bugia infantile. Preferiva accettare i rimproveri piuttosto che svilire ciò che aveva affrontato e superato da solo. Fece un bagno, cenò, preparò lo zaino per l'indomani e andò a letto. Dopotutto era tardi e lui era davvero stanco.
Eppure non riusciva a dormire. Aveva nostalgia di Chiara. Molto più del solito. Anche altre sere aveva dovuto rinunciare alla chat ma la sua amica non gli era mai mancata così tanto e non capiva il motivo. Gli tornarono alla mente i pensieri del primo pomeriggio, forse anche più dolorosi dopo quello che aveva vissuto. Per qualche attimo era stato padrone della sua vita, unico responsabile di se stesso, senza genitori, professori, amici più grandi e capi scout a guidarlo. Certo non si era divertito, anzi difficilmente avrebbe dimenticato l'angoscia di quella fuga fra i campi! Però aveva anche provato qualcosa di nuovo, qualcosa che l'aveva convinto che sì lui aveva "solo" tredici anni, però erano sufficienti per avere almeno un po' di libertà in più. Sapeva badare a se stesso! Ma quei sogni si erano infranti a casa. Era tornato un ragazzino rinchiuso nel suo mondo dorato. Per carità, ci stava bene, non gli mancava niente e la sua generazione aveva privilegi inimmaginabili anche solo per quella dei suoi genitori: cellulari, chat... amici lontani raggiungibili con un click di mouse. Ma l'amore va oltre. Ammise in cuor suo che si era davvero innamorato di Chiara. E rimpianse ancora una volta di non essere più grande, di non poter volare da lei, magari con quel bellissimo aereo nero che aveva visto sfrecciare quand'era nel campo, così a bassa quota da poterne osservare i dettagli ad occhio nudo.
Il campo... l'aereo... gli uomini! Gli tornò di colpo tutto in mente, come se stesse accadendo di nuovo! La stanza era avvolta nel silenzio ma nella sua testa riecheggiavano suoni e rumori di quegli attimi di terrore. E istintivamente mise insieme le idee. L'aereo cercava qualcosa! Pochi minuti dopo che era passato aveva sentito arrivare quegli uomini! Allora forse almeno non erano contrabbandieri, non erano criminali! Ma cosa volevano? Cercavano lui? Cercavano... cosa? Pensò all'oggetto che aveva raccolto... quella strana sfera d'argento! Accidenti, era rimasta nella tasca della giacca che la madre voleva portare alla pulitura a secco! Senza nemmeno riflettere si alzò e si precipitò in bagno, frugò confusamente nella giacca sporca e... eccola, per fortuna c'era ancora! Tornò a letto. Si nascose sotto le coperte. I suoi dovevano credere che stesse dormendo. Nessuno doveva sapere alcunché di lui in quel momento. Che strano, però: aveva camminato a piedi nudi per la casa ma non sentiva freddo. Ricordò di aver provato la stessa sensazione toccando l'oggetto la prima volta. Ma adesso era al calduccio nella sua tana, in quella cameretta che se oggi era la tipica stanza di un adolescente, negli anni della fanciullezza aveva rappresentato un nido in cui nascondersi, trovare riparo e sicurezza nei momenti lieti e in quelli più tristi che ogni bambino deve affrontare. In quella stanza era al sicuro. Lo avvertiva istintivamente. Lì non sarebbe mai arrivato nessun uomo nero a dargli la caccia.
Sotto le coperte, illuminato dalla luce color ambra dello schermo del cellulare regalatogli il giorno del suo compleanno, iniziò a osservare quel misterioso oggetto. Era una sfera di color argento. Sulla superficie c'erano delle incisioni, sembravano gerogrifici. Se il colore ricordava l'argento, al tatto era qualcosa di mai provato: appariva molto densa eppure era leggerissima ed emanava un calore che regalava una sensazione rasserenante. Almeno all'inizio.
[Asiago, interno notte, camera di Chiara]
Sognare. Se esistesse una persona che non sa cosa significa dormire e non ha mai visto nessuno farlo, potrebbe pensare che chi dorme sia passivo, non senta e non provi nulla. Ma non è così e le due piccole anime che riposavano nella stanza da letto di quella casa poco fuori Asiago ne erano la prova. Elena, 5 anni, una birbantella sempre pronta a gridare, giocare, saltare, immersa nel sogno di una grande coppa di gelato da conquistare, nei giochi spensierati dell'ultimo anno d'asilo. Un sogno felice e consolatorio dopo una giornata nella quale aveva visto crescere attorno a sé l'ansia per la sua amatissima sorella maggiore, improvvisamente irraggiungibile, improvvisamente... perduta, senza che neppure papà e mamma sapessero come "mettere a posto" tutto. E lei, Chiara, 12 anni, una cortese e gentile ragazza sempre affabile ed educata, studiosa e piena di buoni propositi, che riviveva in sogno le vicissitudini di quel giorno, che sognava viaggi, amici... e quei sentimenti che timidamente iniziavano a farsi strada in lei, l'affetto inconfessato per quel ragazzo un anno più grande di lei a cui voleva tanto bene... che amava.
Ma erano lontani. Fra di loro centinaia di chilometri. Potevano comunicare, ma il loro amore sarebbe rimasto sempre entro i limiti di uno schermo. Non osava nemmeno immaginare di vederlo di persona. Forse non l'avrebbe voluto incontrare nemmeno potendo, timida com'era. Sognava momenti da condividere, ma erano sempre state fantasie immaginate sottovoce, con riguardo e timore. Almeno fino a quella notte. In quel sogno c'era qualcosa di diverso. Sentiva in lei un sentimento strano, quasi estraneo. Provava una grande nostalgia per ogni attimo trascorso con Antonio in chat. Le mancava atrocemente, soprattutto quel giorno dopo aver creduto di perdere tutto e tutti. Avvertiva un fortissimo desiderio di incontrarlo. E aveva voglia di coccole dal suo ragazzo, da Antonio. Un desiderio che apprezzava anche se fino ad allora non lo aveva mai provato. Ma c'era ed era crescente. Era come le sensazioni vissute durante il pomeriggio, come se qualcuno fosse vicino a lei e le stesse trasmettendo, quasi suggerendo... le proprie emozioni. Si svegliò di soprassalto, agitata ed impaurita. Il caldo abbraccio di un sogno sereno si era infranto. Era nel suo letto ma provava la stessa confusione interiore di quando, spaventata e ferita dopo il mancato incidente, aveva avvertito pensieri estranei, che in quel momento aveva considerato semplicemente frutto dello shock.
Ora le era tutto chiaro: quei pensieri non potevano essere suoi. Non erano i suoi!
[Brindisi, interno notte, camera di Antonio]
Antonio adesso era seduto sul letto, sudato. La tensione in lui aumentava di minuto in minuto. Già in un tredicenne i pensieri sono spesso confusi ed in conflitto fra loro ma per lui la situazione stava diventando incontrollabile. Scoppiò in lacrime, pur cercando di non farsi sentire. Chissà cosa avrebbero detto i genitori vedendolo così! Dentro di lui c'era una incontenibile angoscia, gli mancava Chiara, gli mancava la libertà di fare ciò che desiderava, di prendere un telefono e chiamare liberamente l'amica o chiamare un'agenzia viaggi e prenotare un aereo. Ed ebbe paura. Sentì che tutte le persone a cui teneva stavano sparendo. Si voltò, vide un camion arrivargli addosso. Era un'allucinazione e lo capiva ma gli apparve così reale che gridò, poi temendo di essere sentito tornò a nascondersi sotto le coperte e, in preda al panico, istintivamente strinse forte tra le mani quella piccola sfera...
[Asiago, interno notte, camera di Chiara]
Chiara si sentì attraversare da un brivido. Ebbe l'impressione che i pensieri le sfuggissero dalla mente. Sentì delle voci, rumore di elicotteri, passi, si sentì braccata, inseguita, credette che qualcuno le volesse togliere la possibilità di stare con le persone che amava. Guardò la sua sorellina, pensò ad Antonio, agli amici della chat, ai compagni di scuola... una grande angoscia la pervase e con gli occhi bagnati di lacrime si nascose fra le coperte, in posizione fetale, come una bimba in cerca di conforto. Aveva ancora in mano quella sfera. La strinse forte.
[Insieme]
Un tunnel di luce. Non quello di chi prova un'esperienza di premorte. Il tunnel in cui Chiara e Antonio, o almeno le loro menti, si trovarono di colpo, era colorato di mille sfumature gialle, rosse, verdi, blu e ruotava all'impazzata. Non capivano cosa stesse succedendo. Fu un attimo ma a loro sembrò un'eternità. Vedevano queste incredibili luci, quello strepitoso kaleidoscopio ma non erano in grado di descriverlo, di razionalizzarlo. Assistevano come spettatori passivi a qualcosa che accadeva dentro di loro.
Poi tutto divenne bianco, poi fu calore. Il calore dei raggi del sole su un corpo sdraiato in spiaggia. Le carezze di una madre, una corsa sui campi d'estate. Si resero conto che stavano vivendo un sogno. Le immagini erano metafore scelte dalle loro menti per rappresentare ciò che provavano. Già, le loro menti. Erano unite, stavano finalmente insieme. Non si sarebbero visti in faccia, non avrebbero passeggiato per Brindisi o Asiago scherzando, facendo squilli ai loro amici o accarezzandosi, però adesso le loro anime erano insieme, unite da una misteriosa forza. Lo pensarono e videro due innamorati abbracciati. Era un'immagine di un film che Antonio aveva visto a quattro anni e per lui l'amore era quello. Non servì spiegarlo. Chiara lo sapeva, Antonio lo riscopriva dopo tanto tempo. Sognarono di passare del tempo assieme e videro due piantine crescere, intrecciarsi, diventare grandi e forti, affrontare le intemperie e il sole, sempre insieme...
Erano insieme come mai nessuno era stato prima, come mai nessuno forse sarebbe stato ancora. Due persone, una mente. Chiara vide le paure e le sofferenze di Antonio. Antonio scoprì i timori di Chiara. Non serviva decidere a cosa pensare, tutto era spontaneo. Erano come due pesciolini colorati che esplorano felici un misterioso mare tropicale, con il galeone, i coralli e l'acqua blu da sogno. Erano felici. Erano sereni. Erano insieme, si capivano, erano una cosa sola, come un uomo e una donna dopo una vita passata insieme. Come i loro nonni, come mamma e papà.
Il buio.
Chiara si sentì raggelare. Antonio anche. Adesso erano soli, come non lo erano mai stati prima. Ora che avevano provato quell'unione erano certi che non sarebbero riusciti a restare di nuovo soli, ognuno voce solista nella propria mente.
Ciò che li aveva uniti non c'era più. Era come la morte. Qualcosa aveva fatto provare loro un'unione simile a quella di un uomo e una donna che vivono la propria esistenza assieme e imparano a conoscersi. Ma avevano provato anche il dolore della separazione. Ed era un dolore così atroce, così grande da farli pensare che non volevano crescere, volevano restare ragazzini, col papà, la mamma, i nonni e gli amici di sempre...
Poi riaprirono gli occhi, ognuno nella propria camera, iniziarono a calmarsi, a ricordare quel che avevano vissuto, a razionalizzare le emozioni di quell'unione. Se crescere significa vivere con qualcuno fino a conoscersi così bene, avrebbero aspettato, sarebbero cresciuti e avrebbero accettato anche le separazioni che la vita porta con sé, come quella provata quando quel meraviglioso momento assieme, che non poteva essere solo un sogno, era finito. Del resto per non separarsi non ci si dovrebbe incontrare. Per non soffrire quell'unione non sarebbe mai dovuta avvenire. E invece era stata il culmine della loro vita fino a quel momento!
Quando il vortice di pensieri ed emozioni nel loro animo iniziò a placarsi entrambi si accorsero che la piccola sfera che avevano tenuto fra le mani era sparita, si era come dissolta. Si sdraiarono. Chiusero gli occhi e dormirono, sereni come mai prima di allora.
La sera dopo, finalmente, si incontrarono in chat. Entrarono quasi nello stesso momento. Antonio cercò le parole da dire alla sua Chiara ma riuscì a scrivere solo "stanotte...". Chiara fece lo stesso: "stanotte...".
Qualche spiritoso tentò di fare una battuta. I due ragazzi risero, poi la loro mente cercò una spiegazione a quel che era successo ma si accorsero che l'avevano. Non riuscivano a esprimerla a parole ma sembrava che nel momento dell'unione qualcosa avesse spiegato loro tutto. Chiara scrisse un'altra frase che ai più suonò come incomprensibile: "gli Antichi". Antonio rispose "sì, gli Antichi. Dobbiamo essergli grati". Per loro era tutto chiaro. Ma soprattutto per loro era chiaro che si volevano bene. E che ora sapevano cosa si prova ad essere grandi e innamorati.
[Monte Cheyenne (USA), interno, sede sotterranea del SGC]
Il generale Hammond era appena rientrato dall'Italia e volle vedere il colonnello Carter per capire come da lì i suoi uomini avessero potuto risolvere quella delicatissima situazione e soprattutto con cosa avevano realmente avuto a che fare.
Signore, spiegò Carter, quando ci ha detto che ad Aviano era presente anche il colonnello Maybourne abbiamo ripensato ai nostri ultimi incontri con lui. Ricorda quando anni fa la sua squadra attuò pratiche predatorie in alcuni pianeti protetti dal trattato degli Asgard?
Hammond annui. Ricordava sin troppo bene come il comportamento di Maybourne e di settori deviati dei servizi segreti americani avesse rischiato di mandare all'aria i rapporti che la Terra era riuscita a stringere con vari popoli amici incontrati utilizzando lo "Stargate", il congegno trovato in Egitto che permetteva di raggiungere in pochi istanti pianeti lontani migliaia di anni luce.
Ecco, proseguì Carter, distogliendo Hammond dai suoi ricordi, sapevamo che una parte del materiale trafugato era giunto sulla terra e che gli uomini del colonnello braccati dalle nostre forze speciali se ne erano disfatti. Abbiamo contattato gli Asgard che fortunatamente avevano una nave a pochi anni luce dalla Terra. Loro hanno individuato immediatamente i due oggetti e li hanno teletrasportati per evitare che finissero ancora una volta in mani sbagliate.
Va bene, calonnello Carter, va bene, ma venga al punto: che cos'erano questi oggetti? Erano pericolosi per gli umani? Carter sorrise. No, signore, non so come dirglielo ma erano... anelli di fidanzamento o almeno qualcosa di molto simile. Venivano utilizzati dagli Antichi, i creatori della rete degli Stargate, e funzionavano in maniera similare agli Stargate stessi, unendo però solo i pensieri delle persone e solo all'interno di uno stesso pianeta. In pratica creavano un flusso stabile fra le due menti, amplificando il segnale elettrico univoco di ogni cervello e... va bene, basta così colonnello, ottimo lavoro, disse Hammond. Un'ultima cosa: possono aver creato problemi a qualcuno? No, rispose Carter, gli Asgard sostengono che la mente umana non è sufficientemente evoluta per gestire i "Vincoli", come loro chiamano questi oggetti. Il generale annui e se ne andò rassicurato.
Carter si soffermò ancora un attimo nella stanza con lo sguardo sognante. Chissà, magari gli Asgard si sbagliavano e qualcuno aveva potuto provarli, magari proprio due innamorati, pensò.
Dal vetro davanti al tavolo delle riunioni si intravedeva lo Stargate, quell'enorme anello color argento costituito dal misterioso metallo Naquaada. D'un tratto un allarme. il congegno alieno iniziò a ruotare. Una voce all'altoparlante annunciò l'arrivo di una squadra SG di ritorno da una missione esplorativa. Carter raccolse la cartella con il rapporto preparato per il generale e si diresse verso la sala di controllo. La sua vita come quella di tutti gli uomini della base continuava e i "Vincoli" sarebbero presto stati dimenticati.
FINE
Questo racconto è proprietà esclusiva dell'autore. E' vietata la riproduzione e diffusione anche parziale del testo senza previa autorizzazione. Le citazioni della serie TV Stargate-SG1 sono da considerarsi un omaggio. Non si intende violare alcun copyright in merito. Le persone reali citate in situazioni immaginarie hanno acconsentito a far parte del racconto e alla sua diffusione nella forma attuale.