L'incubo di Chiara
Un racconto scritto da Gabriele Favrin
(novembre 2002)
La storia
La sera prima aveva realizzato un desiderio, era felice e si stava recando tranquilla a scuola come ogni mattina. La mente soddisfatta e serena la distraeva dall'ambiente circostante, così restò stupefatta quando all'improvviso si accorse di non riuscire più a distinguere i contorni del mondo a lei familiare. Tutto era avvolto da una nebbiolina carica di pioggia e l'asfalto della strada che percorreva da tanti anni aveva lasciato il posto a foglie morte, ingiallite e scivolose. Tutto era grigio e ovunque c'era solo silenzio.
Chiara non era una ragazza paurosa, ma quella situazione la colpì molto: quando era uscita di casa c'era il sole e il classico cielo pulito e azzurro che segue una notte di tempesta in cui pioggia e vento spazzano via lo smog. Cosa era successo? Dov'era il sole? Perché non si era accorta che il tempo stava cambiando? Nella sua mente c'era un vuoto, non riusciva a colmarlo e questo la rendeva inquieta.
Per un attimo restò indecisa sul da farsi, poi scelse di continuare per la sua strada, l'unica che conosceva. Dopo pochi passi provò un dolore improvviso e lancinante ai piedi. Non c'era nessun motivo. Si guardò attorno, guardò a terra ma non vide niente che potesse giustificare quel dolore. Ed ebbe paura, paura che un qualunque altro movimento, anche il più piccolo, avrebbe potuto farle di nuovo male.
Ma così non fu. Camminò e ancora una volta le cose cambiarono d'improvviso, senza che lei percepisse il trascorrere del tempo. Ora si trovava su qualcosa che somigliava ad un molo di legno. Istintivamente pensò che con quella nebbia rischiava di cadere in acqua senza accorgersene e così resto ferma dov'era, senza muovere un altro passo, cercando di sentire qualche suono, di capire dove fosse il canale, il fiume, il mare o qualunque altra cosa ci fosse li!
Aveva paura ma non provava più male, nè lo provò quando, con orrore, si accorse che la terra stava di nuovo mutando. E questa volta lei cambiava con essa. Si sentì improvvisamente sprofondare, guardò a terra. Il legno sembrava vivo e lei ne faceva parte. Guardò le sue gambe e non vide nulla. Ormai non riusciva a distinguere più niente, la nebbia era diventata imperscrutabile. Le restava solo quella angosciante sensazione, come se il legno sotto i suoi piedi fosse diventato fango e la stesse assorbendo, si stesse fondendo in lei, stesse diventando un tutt'uno con lei! Chiara era pietrificata dalla paura. Cosa stava succedendo? Dov'era? Cosa poteva fare adesso?
Un soffio di vento, il sole caldo splendeva nel cielo di nuovo azzurro e gli uccellini erano tornati a cantare. Attorno a lei le strade che conosceva. Tutto era normale. Prima ancora che la sua mente pensasse che forse aveva sognato, l'animo di Chiara fu invaso da una profonda sensazione di sollievo, di ritrovata serenità. Il suo mondo era li, era tutto a posto, sarebbe arrivata a scuola, avrebbe rivisto gli amici, i prof, al pomeriggio avrebbe fatto i compiti e poi si sarebbe collegata in chat. Tutto come ogni giorno, tutto bene.
Poi un passerotto si posò sui suoi rami. E Chiara smise di pensare, perché gli alberi non pensano. Affrontano immobili la propria esistenza, vedendo il mondo scorrere attorno a loro. E questo valeva anche per quell'albero, arrivato chissà come, durante una notte di tempesta, in una strada fra la casa di Chiara e la scuola... così vicino e così lontano dal suo mondo. La sua ultima sensazione, impressa per sempre in lei, fu l'infinita nostalgia per tutte le cose che ormai poteva solo intravedere ma di cui non faceva più parte.
Poi Chiara si svegliò, aprì la finestra e vide che il mondo era avvolto da una nebbiolina carica di pioggia e sulle strade c'erano solo foglie ingiallite...
FINE
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